sabato 4 settembre 2010

"LA DIVINA COMMEDIA"

Introduzione di Nicoletta Erica Stagi

La "Divina Commedia" è il poema più sublime della letteratura italiana, di tutte le letterature mondiali e di ogni epoca.

Prima di Dante e dopo Dante non c'è stato nessuno in grado di creare un'opera tanto straordinaria.

Dante racconta ad ognuno di noi il nostro destino nell'oltremondo, ma non lo fa con un linguaggio religioso; egli è un laico che si fa carico della storia, di cui conosce tutti i dolori, e degli uomini, di cui conosce (e ne è partecipe) la miseria e la grandezza.

Il racconto della "Divina Commedia" attraversa l'intero universo dal suo luogo più basso, il centro della terra, al suo cielo più alto, l'Empireo; in questo racconto si muove un uomo mortale che appartiene alla terra, e quindi alla storia.

Quest'uomo storico è dotato di libertà; a lui è stato concesso il supremo potere di scegliere, nel tempo, la propria condizione eterna.

E' proprio questa figura nella "Divina Commedia" che ancora sorprende ed atttrae con un potente coinvolgimento. Il gesto terreno e quotidiano - a noi tutti ben noto - appare qui in tutta la sua portata ultraterrena, proiettato nella dimensione eterna rappresentata dall'aldilà.

Il duplice aspetto del poema, eterno e storico, costituisce la sua connotazione primaria e Dante ne era ben consapevole quando lo definì "'l poema sacro / al quale ha posto mano e cielo e terra"; le due caratteristiche non si possono separare, se non con il rischio di perdere tutto il senso e la bellezza stessa di questo grande racconto. La "Comedìa" non è un saggio teologico e neppure una sequela di singoli, commoventi fatti storici; non si può studiarla, e comprenderla, come tale.

E' un grande testo poetico, un poema epico che ha per protagonista non solo il mito, o la leggenda, o gli eroi, ma che narra gli eventi di tutti i giorni, con personaggi in genere ignoti, personaggi spesso conoscenti, amici e perfino parenti del Poeta.

Eppure ognuno di loro ha un'importanza unica, racchiudendo in sé una dignità assoluta, quella dignità propria di tutto il mondo dantesco, in quanto la persona umana è fatta ad immagine di Dio.

Persino le guide che lo accompagnano alla scoperta dei tre regni non sono angeli o santi come sarebbe lecito aspettarsi (solo l'ultimo è S.Bernardo, che lo porta alla visione diretta di Dio, nell'Empireo). Nella "selva oscura" è Virgilio che gli offre soccorso, un poeta dell'antico mondo pagano, il poeta amato da Dante più di ogni altro.

Raggiunta la cima della sacra montagna del Purgatorio, per la confessione delle proprie colpe ed il conseguente "trasumanare" (il trasformarsi dell'uomo nella dimensione divina), chi scende dal cielo, a giudicare e salvare, è Beatrice, una sconosciuta fanciulla fiorentina che ha illuminato tutta la vita del Poeta.

In questo poema ogni gesto dell'uomo è prezioso, ogni sua parola è valutata. Tutta la realtà è guardata da Dante con attenzione scrupolosa in ogni sua sfumatura e fa riflettere il modo in cui, parlando dell'oltremondo, egli abbia tanto acutamente descritto "questo" mondo.

Nel nostro tempo, intriso di minacce nucleari, terroristiche ed ecologiche che pongono quotidianamente agli uomini il problema della sopravvivenza sulla terra, forse il poeta fiorentino del trecento, con la sua parola "ornata", così vicina all'uomo e così immersa nel divino, può ancora offrirci un motivo di speranza.

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